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Lorsque Foucault a commencé à parler de techniques de soi, il l’a aussi fait pour souligner la possibilité d’une rupture et d’une mise en discussion de l’ordre socioculturel, à travers l’introduction de la possibilité d’une discontinuité dans les schèmes de répétition – une discontinuité qui peut certes se concevoir sous formes diverses (éthique, politique, esthétique…). Foucault semble donc se placer dans une perspective complètement différente de celle de Mauss. Pensez-vous que Mauss ait lui aussi affronté le problème de la discontinuité et, si c’est le cas, quelles catégories a-t-il utilisé et quel rapport peut être établi entre des problèmes de ce type et l’étude des techniques du corps ? On pense notamment à un passage des conclusions générales de Les techniques du corps : «Dans toute société, tout le monde sait et doit savoir et apprendre ce qu’il doit dans toutes conditions. Naturellement la vie sociale n’est pas exempte de stupidité et d’anormalités. […] Mais exemple et ordre, voilà le principe. Il y a donc une forte cause sociologique à tous ces faits. […] D’autre part, puisque ce sont des mouvements du corps, tout suppose un énorme appareil biologique, physiologique. Quelle est l’épaisseur de la roue d’engrenage psychologique ? Je dis exprès roue d’engrenage. Un comtiste dirait qu’il n’y a pas d’intervalle entre le social et le biologique. Ce que je peux vous dire, c’est que je vois ici les faits psychologiques comme engrenage et que je ne les vois pas comme causes, sauf dans les moments de création ou de réforme. Les cas d’invention, de positions de principes sont rares. Les cas d’adaptation sont une chose psychologique individuelle. Mais généralement ils sont commandés par l’éducation, et au moins par les circonstances de la vie en commun, du contact». M. Fimiani: Credo di avere già espresso la convinzione che Mauss sia un pensatore della discontinuità. Il concetto di mana allude a una totalità in movimento, a una coesione par frottement, a una struttura sempre esposta allo sfregamento, e in questa frattura immette la magia, il mito, il sacro, il dono. Si fa sinonimo del “segreto di una mescolanza”, dicevo, che mobilita il “fatto sociale totale”. Quanto alle tecniche del sé, non c’è dubbio che, in proposito, meriti un particolare richiamo la tematica del mascheramento. La maschera è una nozione che Mauss introduce per segnalare l’emergenza dell’individualità dall’insieme assimilante del clan, dal momento che il rituale cerimoniale del mascheramento consente alla vita singolare di assegnarsi un posto, un titolo, un rango, un ruolo, un diritto e una funzione. La maschera decide un’identità che resta, tuttavia, multipla e mobile. È un’“immensa mascherata” il movimento in cui è preso il soggetto, immesso sempre in una “rappresentazione estatica di sé” e in una continua variazione di “nature”, “attributi” e “potenze”. Sicché la maschera consegna un “tipo” e un “carattere”, esposti alla forza del loro annullamento. Per il Manuel d’ethnographie una vera e propria “arte del movimento vivente” lascia pensare momenti, seppur rari – come segnalano Les techniques du corps – di creazione e di invenzione. L’estetica è una modalità della tecnica, si legge nel Manuel. Ed è una sorta di inventività tecnica all’origine della “sovrapproduzione”, dello “spreco”, del “lusso”, della “deformazione”. È la forza effusiva della tecnica che dà conto del travestimento momentaneo del corpo, espresso nella forma della decorazione e dell’ornamento. È nella danza mascherata che il corpo, al tempo stesso, si conserva e si inventa. Nel movimento vivente mascherato si esprime, così, tutta l’ambivalenza del prosopon. La radice greca della maschera, prosopon, non si scioglie da un altro lemma, indicato da Benveniste e richiamato da Mauss: perso, probabile voce verbale di perto, che vuol dire “distruggo”, “anniento”. > Lire la réponse de Jean-Marc Leveratto Dans la leçon du 17 mars 1982 du cours L'herméneutique du sujet, Foucault fait allusion à la possibilité d’utiliser une approche comparative pour l’étude des techniques de soi, suggérant d’en examiner les évolutions respectives et la diffusion (il mentionne en particulier les techniques de soi pratiquées dans la Grèce antique). Pensez-vous que cette possibilité à laquelle Foucault se réfère, proposant la notion d’ « ethnologie de l’ascétique », soit compatible d’une façon ou d’une autre avec la perspective de Mauss ? Quelles sont, à votre avis, les limites de son applicabilité ? En d’autres termes, pensez-vous que les techniques de soi puissent faire l’objet d’une enquête ethnographique ? M. Fimiani: L’opportunità di un’”etnologia dell’ascetica” nasce, per Foucault, dal bisogno di interrogarsi sulla continuità o discontinuità storica delle modalità delle pratiche del sé, e dunque sulle omogeneità o sugli scarti differenziali che possono evidenziarsi nei vari contesti delle produzioni simboliche. Lo conferma il riferimento esplicito, nella lezione dell’Herméneutique, alle tesi di Dodds, Vernant, Hadot. Una questione, quella di approfondire la variazione storica di una nozione, che tanto più si impone quanto più, come nel caso dell’askesis, il concetto trattiene una decisiva ambivalenza di senso per il se déprendre de soi même. Sarebbe opportuno, però, ricordare il significato più denso e impegnativo di una “etnologia della propria cultura”, proposta da Foucault in un’intervista del 1967. Diceva a Paolo Caruso quanto fosse etnologica una interrogazione della propria storia non tanto impegnata ad esplicitare le condizioni formali della nostra razionalità, così ripetuta e legittimata, ma a praticare, con uno sguardo éloigné come quello etnologico, una critica delle condizioni reali di apparizione dei sistemi razionali, secondo uno “scavo sotto i nostri piedi”. La ricerca etnologica è, dunque, uno scavo, è l’impegno a disseppellire i “bassifondi” e le “pergamene ingarbugliate” che il progetto archeo-genealogico avrebbe teorizzato nel corso degli anni Settanta. L’etnologia di Mauss propone, in sostanza, un modello di analisi molto vicino all’archeo-genealogia foucaultiana, quando prospetta la necessità di un’antropologia completa che conosce e disarticola il fatto sociale totale. Le serie trasformazionali non portano all’omogeneità di una costante strutturale, ma lasciano apparire una trama stratigrafica di codici momentanei ed elastici e di eventi incomponibili. La proposta etnologica attiva la disposizione molecolare e l’atteggiamento genealogico che Mauss suggerisce per ogni sociologia generale. |