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In cosa consisterebbe, dunque, tale funzione? Così come si è definita la funzione-Psy come l'estensione del potere psichiatrico, e della sua produzione di sapere, a tutte le pratiche che ruotano attorno ad una normatività della psiche, si può pensare di definire la funzione-NEURO come l'estensione del sapere neurologico, con conseguente incremento dei suoi effetti di verità, e quindi del suo potere, a tutte le pratiche che ruotano attorno ad una normatività del cervello (e quindi neuroetica, neuropolitica, neuroteologia,...). Poiché tale sapere definisce il cervello come un hardware somatico su cui gira un software psichico, la funzione-NEURO è in grado di estendere i propri ingranaggi di veridizione sia all'oggetto corpo che all'oggetto psiche. A corollario della definizione appena data occorre anche dire che questa sorta di positivismo neurologico, poiché cerca, come tutti i discorsi appartenenti alla famiglia epistemica del positivismo, di adeguare la totalità dei campi del sapere alle scienze fisiche e matematiche, deve ricondurre ogni evento ad un evento precedente che ne è causa e che è scientificamente misurabile; da qui vengono le avanzate pretese su concetti che finora erano stati dominio esclusivo della funzione-Psy, quali il libero arbitrio, la morale o la fede religiosa.

Mi pare che questi elementi si ritrovino senza difficoltà nel testo Neuro-mania; infatti i due autori, attraverso uno studio statistico dell’Università di Yale, osservano come un qualsiasi tentativo di spiegazione di un dato fenomeno diventi

credibile [divenendo quindi un discorso di verità] grazie all'arricchimento «neuro» che ha, per così dire, un potere salvifico. Le persone tendono a fraintendere il senso di tale arricchimento, che trasforma in spiegazione soddisfacente quella che, in sua assenza, non lo è. In altre parole l'informazione «neuro» è un valore aggiunto che rende credibile qualcosa [nel caso specifico una serie di spiegazioni di fenomeni psicologici]. [...] Se il parlare del corpo si mescola con il parlare della mente, il corpo diventa «figura» e la mente fa da sfondo. [...] Vedremo come questa tendenza ad ancorarsi alle condizioni del corpo possa produrre effetti drammatici quando le decisioni sul corpo diventano di natura ideologico-politica (vita, morte, accoppiamento, aborto, crescita dei figli, e così via). [...] Si è inclini ad accettare una sorta di supremazia «medico-biologica» nella rappresentazione dei fenomeni psicologici[1].

Tutto quello che si è detto fin qui è quanto si trova nel testo Neuro-mania, con alcune interpolazioni foucaultiane; quello che tuttavia vi manca è la risposta alla domanda: qual è la posta in gioco di tutto ciò? Proprio a causa di tale mancanza, a mio avviso, il testo di Legrenzi e Umiltà non rimane fedele al suo proponimento iniziale; infatti, come si legge nell'introduzione, essi si proponevano di delineare una risposta a tale questione:

La neuropsicologia [...] avrebbe potuto benissimo coprire tutto l'ambito di studi dei rapporti tra mente e cervello. Perché si preferisce oggi frammentarla in discipline particolari? [...] Si potrebbe supporre che la frammentazione di saperi antichi in nuove discipline non sia altro che l'effetto di una moda indotta dalla divulgazione scientifica. [...] Cercheremo invece qui di dimostrare che assistiamo ad un processo di portata più vasta. [...] A noi la posta in gioco appare più alta. [...] La definizione dei rapporti tra mente e corpo, tra psiche e cervello, può oggi coinvolgere scelte di politica sociale e di benessere[2].

Alla fine del testo i due autori delineano una loro idea di quale sia questa posta in gioco e quale sia il livello di coinvolgimento circa le scelte di politica sociale e di benessere ma, a mio avviso, questa risposta, che pure va verso la direzione giusta, è affrettata, superficiale e, in sostanza, insufficiente. L'impostazione generale della loro risposta è la seguente: lo sviluppo di un sistema di riferimento incentrato sui processi neurologici, ciò che io ho chiamato la funzione-NEURO, farà cadere in secondo piano, e presumibilmente scomparire, l'attenzione ai processi mentali e, quindi, tutte quelle pratiche che riguardano il benessere o il malessere mentale (la funzione-Psy); l'aspetto politico di questa differente impostazione consisterebbe nel fornire una differente risposta, e una differente serie di pratiche, alle grandi questioni bioetiche del nostro tempo:

Di fronte a tali quesiti, nuovi e difficili, la tentazione di tornare all'antico è forte. L'antico in questo caso è la coppia mente-corpo, con il corpo come sistema di riferimento privilegiato. Lo schema tradizionale consiste nell'affidarsi alle condizioni biologiche del corpo per fondare una regola di intervento e, se dobbiamo derogarvi, nel ricorrere a circostanze specifiche. [...] Nulla ci impedirebbe di fare un'operazione contraria. Dare per scontato che il metro di misura sia il benessere di una persona, benessere non solo corporale ma anche psichico, e utilizzare poi questo criterio per definire il benessere nel suo complesso. [...] In questo secondo caso il benessere è la figura, mentre le condizioni del corpo costituiscono lo sfondo[3].

A mio avviso una risposta del genere è una petitio principi in quanto non sta mostrando qual è la posta in gioco di una determinata lotta per l'emergenza tra due saperi, vale a dire tra due poteri, ma sta descrivendo gli effetti sul reale che questi due saperi hanno quando operano come discorsi di verità. Tuttavia, tirare in ballo la bioetica non è affatto fuori luogo perché il discorso bioetico è una delle più recenti forme strategiche assunte dal governo dei viventi e, a mio avviso, proprio quest'ultimo è la posta in gioco della partita tra funzione-Psy e funzione-NEURO.

Fino ad ora è esistita una sottile interdipendenza tra potere medico e potere psichiatrico: il potere psichiatrico ha, infatti, bisogno del potere medico per inoculare valore scientifico nei propri discorsi e per aver presa sui corpi e, parallelamente, il potere medico ha bisogno del potere psichiatrico, perché la capacità di ingerenza del primo sulla vita umana, sebbene non sia piccola, è, di fatto, inferiore alla capacità di ingerenza che ha il potere psichiatrico. Il semplice concetto di patologia fisica è politicamente più ristretto di quello di patologia mentale: quando si parla di malattia mentale entrano, infatti, in gioco tutta una serie di discriminanti morali e sociali, di sospetti di recidiva e di riferimenti che riguardano il vissuto e la famiglia che sono molto più difficili da attivare quando si parla di malattia fisica.

Con ciò non si deve pensare che il potere medico non abbia forti ingerenze sulla vita umana. Inoltre, storicamente, il potere medico ha sempre cercato di ricondurre sotto il suo controllo, attraverso nuove forme di determinismo, non solo la soggettività somatica ma anche quelle pratiche di assoggettamento che sono tipiche della funzione-Psy[4]. A mio avviso è esattamente questa la posta in gioco dell'intero processo: qualora la funzione-NEURO riuscisse a scavalcare la funzione-Psy nel ruolo di chiave di volta epistemica dei comportamenti umani, il sapere medico non solo potrebbe svincolarsi dal sapere psichiatrico, ma finirebbe per assorbirlo totalmente e la funzione-Psy, avendo esaurito la sua efficacia effettiva, arriverebbe ad estinguersi al pari della frenologia e del mesmerismo[5], lasciando in eredità alla neurologia quanto ha avuto di verificabile. Mi riservo un'altra sede ed un altro tempo per cercare di capire se questo potrà essere un vantaggio o uno svantaggio. Un aspetto strategicamente importante, però, che mi sembra di scorgere fin da ora in fondo a questo tunnel, è la possibilità del potere medico, con la sua nuova macchina da preda neurologica, di ereditare la capacità onniesplicativa della funzione-Psy e, con ciò, di diventare coestensivo della società:

Oggi la medicina è dotata di un potere autoritario che ha funzioni normalizzatrici che vanno ben oltre l'esistenza della malattia e la domanda del malato. [...] Ma quello che caratterizza più in particolare il periodo attuale in questa tendenza generale, è il fatto che la medicina degli ultimi decenni, agendo già al di là delle sue frontiere tradizionali, definite dal malato e dalle malattie, comincia a non avere più campi che le siano esterni[6].

 


[1] Neuro-mania, pp. 71-72 (corsivo mio). Per lo studio cui si fa riferimento, cfr. AA.VV., "The seductive allure of neuroscience explanation", in Journal of Cognitive Neuroscience, 20 (2008), pp. 470-477.

[2] Neuro-mania, pp. 10-11 (corsivo mio).

[3] Ivi, pp. 108-109.

[4] Attraverso pratiche scientifiche e discorsi di verità che hanno preteso di essere non solo scientifici, ma scientifico-filosofici (per citarne solo alcuni: frenologia, evoluzionismo, genetismo, biologismo, materialismo, neuroscienze cognitive, eliminativismo, riduzionismo, fisicalismo,...).

[5] Il paragone è calzante se si pensa all'analisi foucaultiana della rimozione epistemico-politica che viene fatta del mesmerismo in favore dell'ipnosi; cfr. Il potere psichiatrico, p. 250.

[6] M. Foucault, “Crisi della medicina o crisi dell'antimedicina?”, in Id., Archivio Foucault 2. 1971-1977. Poteri, saperi, strategie, Feltrinelli, Milano 1997, pp. 211-212.

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