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       La ricerca di Foucault è sempre stata segnata da un forte interesse per l’attualità. Nei suoi interventi, Foucault ha frequentemente indicato quelli che, a suo parere, potevano essere letti come punti di partenza per resistenze in atto o per pratiche di resistenza possibili. L’individuazione di tali “linee di fragilità” è infatti, per Foucault, uno dei compiti principali del lavoro di ricerca storico e filosofico. Ne Il soggetto e il potere, ad esempio, Foucault elenca alcune pratiche, come quelle di «opposizione al potere degli uomini esercitato sulle donne, dai genitori sui figli, dalla psichiatria sul malato di mente, dalla medicina sulla popolazione, dall’amministrazione sul modo in cui la gente vive», che possono essere lette come «catalizzatore chimico che permetta di mettere in evidenza le relazioni di potere». (Il soggetto e il potere, p. 240)

       Quali sono, secondo lei, oggi, le principali pratiche di resistenza in atto e quali sono, invece, le potenziali linee di trasformazione da seguire? E quali sono le relazioni di potere messe in luce dall’esistenza di queste pratiche di resistenza?

M. de Beistegui: La nostra attualità - diciamo quella dell’inizio del XX secolo - è la stessa di quella descritta da Foucault nei suoi corsi e nei suoi scritti? Come definire l’attualità? Questa è già una domanda filosofica: l’attualità non è data, non è visibile a tutti in una sorta di evidenza, e certo non è in quel che in francese si chiamano les actualités. L’attualità può scaturire solo da un’analisi che ne definisca l’orizzonte di emergenza, le linee di forza, le fragilità, le poste in gioco nascoste. Questo non significa che l’analisi produce l’attualità, vuol dire invece che l’attualità non dipende da semplici fatti né da meri eventi - sussulti, rivolte, manifestazioni o rivoluzioni. L’attualità, dal punto di vista filosofico, è la questione del presente, intesa come quei rapporti di potere che ci definiscono, con lo scopo di aggiornare le loro condizioni di emergenza, le loro conseguenze, i loro limiti, i loro punti deboli, i margini di resistenza e le linee di fuga. Ogni volta che Foucault si è impegnato sul terreno politico, ogni volta che si è pronunciato su delle questioni cosiddette di attualità, è stato a partire da questo orizzonte di riflessione filosofica, da questa questione del presente, che animavano il suo pensiero e tutto il suo essere e di cui fa risalire l’origine filosofica a Kant e al suo testo sull’Illuminismo. Se è possibile definire Foucault come un intellettuale impegnato, non è a partire da un’idea dell’intellettuale come coscienza universale, che ci verrebbe da Zola o Sartre, o dall’umanesimo classico, ma dall’attività filosofica, dal pensiero in quanto è esso stesso iscritto in una rete di potere ben precisa, sempre alle prese con delle pratiche discorsive ben definite, e la cui combinazione produce degli effetti di una violenza, a volte di una crudeltà, e spesso di una tristezza tali che, a un certo punto, il pensiero esce dai cardini e si riversa sulla pubblica piazza, di cui per altro diffida (forse preferisce la strada e i vicoli all’agora, come quei Cinici che Foucault evoca alla fine della sua vita).

La questione per noi è sapere qual è il modo di soggettività dominante oggi, il regime di verità in cui essa si iscrive. E, se partendo da qui, la questione della resistenza si pone, bisogna sapere a nome di cosa e a quale scopo. Come definire quindi la nostra attualità? Alla fine degli anni Settanta Foucault appronta un quadro di riflessione e una serie di analisi che mi sembrano determinanti e forniscono oggi a molti filosofi, ma anche sociologi, storici ed economisti, degli strumenti particolarmente adatti. Ne traggo qualche aspetto determinante prima di venire alla questione delle resistenze:

a. Innanzitutto, la nostra attualità si situa nel quadro di quel che Foucault chiama la “governamentalità”, ovvero un regime di potere molto particolare, cui corrisponde l’emergenza di un sapere o “regime di verità” molto preciso: l’economia politica. A partire dal XVIII secolo, governare non dipende più dall’esercizio del diritto di un sovrano, ma dall’amministrazione e dalla gestione di una popolazione, considerata come un’entità naturale o vivente. Questa età della biopolitica presuppone l’emergenza di un nuovo sapere - l’economia - che, da nozione domestica e puramente privata, diventa una scienza pubblica. Il nostro regime di veridizione rimane e, direi, è più che mai, quello dell’economia.

b. Ne derivano un nuovo modo di soggettivazione, l’individualizzazione, e l’emergenza di un nuovo soggetto, l’individuo. Un individuo si definisce tramite l’interesse ed il principio di utilità, cioè, in fondo, tramite un certo tipo di desiderio orientato verso il piacere e il soddisfacimento. Governare - se stessi o gli altri - significa quindi gestire e massimizzare gli interessi, i tassi di soddisfazione. Come riuscirci? Lasciando agli individui un massimo di libertà ed autonomia, nella ricerca del loro piacere. La libertà, o meglio, le libertà, diventano uno strumento di governo e non solo uno scopo.

c. Lo spazio di conquista e di realizzazione dell’individuo, il luogo di questa massimizzazione, è il mercato, ormai percepito come luogo di veridizione e criterio di verità. Il mercato non mente, il mercato dice la verità, e di conseguenza fornisce alla pratica governamentale stessa il criterio e la misura del buon governo. Questo slittamento dalla realtà del mercato, da un regime di giurisdizione (juridiction) a un regime di veridizione, è determinante e si aggiunge, direi oggi inquadrandoli, ad altri slittamenti equivalenti e in particolare alla nascita della psichiatria, delle scienze della “sessualità” e della “delinquenza”.

È questo sistema, messo in opera nel XIX secolo, ma che ha vissuto un’accelerazione e radicalizzazione straordinarie negli ultimi trent’anni, che costituisce la nostra attualità. Ne Il soggetto e il potere del 1982, Foucault dice che il problema oggi non è tanto di scoprire quanto di rifiutare quello che siamo, o siamo divenuti. È questo gesto di rifiuto che egli porta avanti all’inizio degli anni Ottanta, a modo suo, attraverso le letture degli antichi e le sue attività militanti; ed è questo stesso gesto, mi sembra, che si propaga oggi, a dei livelli e in contesti diversi. Vengo al punto.

 > Leggi la risposta di Sandro Mezzadra

> Leggi la risposta di Judith Revel

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