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Forum "Letteratura e arte in Foucault" a cura di Miriam Iacomini © materiali foucaultiani Risposte di: Stefano Catucci, Bruno Moroncini, Maryvonne Saison 1. Nella produzione degli anni Sessanta Foucault dedica molto spazio alla riflessione su opere e autori sia nei testi principali che in quelli d’occasione. Si pensi, per esempio, alle esemplari pagine dedicate a Cervantes e Velázquez ne Le parole e le cose, oppure ai numerosi riferimenti ad autori come Artaud, Nerval, Mallarmé e Sade presenti in Storia della follia, opera complessa e ricca in cui non mancano richiami più che significativi a pittori come Van Gogh, Bosch e Dürer. Inoltre, tutto il lavoro degli anni Sessanta è candenzato da un significativo numero di saggi di critica letteraria apparsi nelle riviste «Tel Quel» e «Critique», e dalla pubblicazione di due importanti monografie: una dedicata a Roussel e l’altra a Magritte. Infine, tra i vari dibattiti e conferenze cui Foucault ha partecipato, è opportuno ricordare da un lato l’intervento su Manet, già pubblicato in Italia, e, dall’altro, quello dedicato ai rapporti tra linguaggio e letteratura di prossima pubblicazione in Francia, ma già apparso in una edizione spagnola (Michel Foucault, Langage et Littérature, Saint-Luis, Belgique, 1964, inedito, consultabile presso l’IMEC, Fonds Foucault, DI* ; tr. es. De lenguaje y literatura, Ediciones Paidòs, Barcelone 1996, pp. 63-106). Considerando tutta questa mole di lavoro, secondo lei è possibile parlare di una dimensione estetica nel pensiero foucaultiano? 2. In modo sintetico e generale si può affermare che la letteratura rappresenta per Foucault il luogo ambiguo e sempre mutevole in cui si situa l’incerto confine che separa finzione e realtà, sonno e veglia, follia e ragione. La letteratura, infatti, non viene considerata come una delle possibili forme di espressione della propria interiorità, ma come una vera e propria ‘esperienza-limite’ attraverso la quale dall’interno di un paradigma si procede verso l’esterno. Ed è proprio in virtù di questo movimento che, producendo oltre il Medesimo quell’impossibile-da-pensare che connota la pura esteriorità, si compie un processo di emancipazione rispetto a se stessi. L’esperienza-limite si identifica, scrive Foucault, con il “concetto di strappare il soggetto a se stesso, facendo in modo che non sia più tale, o che sia completamente altro da sé, che giunga al suo annullamento, alla sua dissociazione. È questa impresa de-soggettivante, l’idea di una ‘esperienza limite’ che strappa il soggetto a se stesso” (D. Trombadori, Colloqui con Foucault, Castelvecchi, Roma 1999, pp. 18-19) a interessare e guidare la riflessione foucaultiana a partire dagli anni Sessanta, proiettandolo ben oltre gli iniziali studi di stampo fenomenologico. Ora, se si considera il fatto che a partire da L’Ordine del discorso gli interventi foucaultiani sulla letteratura sono drasticamente ridotti, e che l’interesse di Foucault verso i processi di de-soggettivazione non viene mai meno, quali sono, secondo lei, i luoghi in cui tale tematica viene ripresa e affrontata? e in che modo riemerge nelle argomentazioni e nelle rielaborazioni teoriche, politiche ed etiche degli anni Settanta e Ottanta? 3. Nei testi che Foucault dedica alla pittura, uno dei temi ricorrenti è senz’altro quello del rapporto tra due dimensioni, quella del ‘visibile’ e dell’ ‘enunciabile’, che pur essendo irriducibili, sono al tempo stesso complementari. In modo peculiare, tale rapporto viene indagato nell’ambito delle argomentazioni sull’arte pittorica attraverso un’analisi della nozione di sguardo e, quindi, delle diverse modalità in cui il soggetto, con il modificarsi delle condizioni del cosiddetto regime scopico, si costituisce di volta in volta in quanto ‘spettatore’. Il rapporto tra visione e linguaggio, nonché le problematiche legate all’esercizio dello sguardo, non sono però tematiche che Foucault utilizza esclusivamente per la pittura. Infatti, tali temi, essendo legati alla formazione del sapere, alla nozione di verità e all’esercizio del potere, riemergono in altri contesti. Secondo lei, in che modo e con quali caratteristiche i rapporti tra visibile ed enunciabile e la nozione di sguardo, vengono utilizzati negli anni Settanta nell’ambito dell’analitica del potere? 4. Un’altra nozione che caratterizza la critica letteraria di Foucault negli anni Sessanta e che ricompare negli anni Ottanta nell’ambito delle riflessioni sull’estetica dell’esistenza è quella di scrittura. Una nozione che, inizialmente collegata all’esperienza letteraria e quindi valutata come ‘esperienza-limite’, viene poi utilizzata come una delle tecniche di elaborazione e costituzione del sé. Come interpreta questo cambio di prospettiva e, più in generale, il fatto che alcuni temi siano costantemente presenti nella riflessione filosofica foucaultiana? Risposte di: Stefano Catucci, Bruno Moroncini, Maryvonne Saison |